Lunigiana #20

Al ben di morti.

Secondo un’antica usanza viva in alcuni paesi della Lunigiana, quando moriva il membro di una famiglia benestante, i suoi familiari lasciavano di fronte alla canonica un sacco di grano.

Era compito della perpetua, solitamente bene informata sui fatti del paese, distribuire il contenuto alle famiglie più bisognose.

Ancora oggi a Virgoletta quando muore qualcuno si usa portare del pane alla famiglia del defunto.

Il giorno dei morti, in alcuni paesi, si usava portare in Chiesa del pane, perché fosse distribuito ai poveri; in altri si usava portare in Chiesa del grano, perché fosse venduto e il denaro guadagnato andasse alla comunità.

Questo dono veniva chiamato al ben di morti, ‘il bene dei morti’, il regalo dei defunti.

La mostra #7

Filetto, borgo Ariberti, Galleria “Il Feudo”

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La mostra è visitabile fino al 1° novembre incluso (chi volesse visitare la galleria nei giorni feriali è pregato di rivolgersi al negozio “L’Arco antico” in borgo Ariberti).

Copie del libro disponibili a richiesta!

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Il libro #8

Non ve lo avevo ancora detto ma…

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…è arrivata la ristampa!

ho già ricevuto diversi ordini quindi speriamo che le copie bastino, ma chiunque ne desiderasse una può contattarmi tramite messaggio privato.

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Lunigiana #19

A Villafranca, venerdì 16 ottobre, alle 21:00, presso il Salone voltato, si terrà una serata dedicata alla Grande Guerra in Lunigiana, con un intervento del dott. Sandro Santini su Villafranca e la Grande Guerra e uno della dott.ssa Marianna Orsi sulle donne di Lunigiana durante il conflitto.

Nel corso della serata verranno proiettate immagini d’epoca, la maggior parte tratte dal volume In Villafranca in Lunigiana.

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La mostra #6

Su “La Nazione” di oggi è comparso un articolo sulla castagnata domenicale a Filetto in cui si menziona anche la presentazione del volume In Villafranca in Lunigiana.

Sono spiacente di constatare 2 errori che sono costretta a rettificare via social networks.

NON si tratta di una presentazione bensì della sola MOSTRA di foto d’epoca In Villafranca in Lunigiana e NON si terrà il 18 ma dal 25 OTTOBRE al 1° NOVEMBRE, presso la Galleria “Il Feudo”, in borgo Ariberti, a Filetto.

Ringrazio “La Nazione” per aver menzionato il progetto, delle tre informazioni citate (titolo, evento e data) una era corretta (il titolo).

Meglio di nulla.

Gallery

Lunigiana #18

Aulla and Saint Caprasio

Si sentono spesso frasi come “Ad Aulla non c’è proprio nulla di bello da vedere“, “A Villafranca non c’è niente…”. In parte può anche essere vero. Se per “nulla di bello” intendiamo “nulla di antico“, idea alla quale molto spesso, in Italia, associamo il bello, o se il termine di paragone sono i tanti villaggi medievali, borghi fortificati e castelli della nostra Valle. Beh, certo, “ti piace vincere facile” diceva una pubblicità…

Oggi mi limito a ribloggare un bel post di un collega blogger che oltre a fornire una prospettiva esterna, quella del non-lunigianese e del non-italiano, e se pur con schiettezza e senza negare la poca poesia del cemento e dell’architettura post bellica, sfata almeno in parte il mito del “non c’è niente di bello”.

Buona lettura.

From London to Longoio (and Lucca and Beyond) Part Two

“The destruction was terrible. The only building to survive in any form at Aulla was the church of San Caprasio and the old palace of the dukes of Modena”

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(Aulla in 1945)

So writes Kinta Beevor in her adorable memoir “A Tuscan childhood” (1993).

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Aulla was even more strategically placed than Sarzana in WWII, controlling the railway lines from south, west and east. Bombing raids by the allies started in 1943 shortly after the abortive September armistice when Germany moved in whole armies and occupied Italy as a foreign power.

After this time Aulla was virtually deserted when citizens fled to the safer areas of the surrounding mountains as “sfollati” (evacuees)

The real damage to Aulla, however, was not caused by the allies but by a mortar shell fired by a group of partisans which hit a German munition train with devastating results, flattening the town and killing over 600…

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#Lunigiana #17

MIGRANTI VECCHI E NUOVI

Il progetto In Villafranca in Lunigiana verte sulla memoria storica (non a caso Memoria locale si chiama l’archivio fotografico nel quale confluiranno tutte le foto storiche raccolte).

Ma gli italiani, si sa, hanno la memoria (storica) corta.

Ultimamente, ad esempio, si fa un gran parlare di migrazioni e di migranti, immigrati, rifugiati (termini che troppo spesso si confondono colpevolmente). Parole sulla bocca di tutti, a sproposito o meno, e che, ci avete mai pensato? Hanno fatto dimenticare termini come “extracomunitario”, così di moda qualche tempo fa, o “emigrante”.

Ma il nostro lavoro qui è appunto riesumare e spolverare la memoria storica, eccoci quindi a rispolverare la parola emigrante.

La Lunigiana è terra di emigranti. Quale famiglia non ne ha? Solo nella mia, per parte materna ho un nonno emigrato in Svizzera, una zia emigrata a Londra, zia e cugini emigrati in Francia, per parte paterna non so più quanti parenti emigrati in varie parti d’Italia e del mondo (zii e cugini nel bergamasco, nel torinese, cugini in Calabria, zii e babbo emigrati a suo tempo in Svizzera, zii e cugini negli Stati Uniti) tra cui… me medesima.

Nel dopoguerra, quando i tempi, i costi, i mezzi e le difficoltà di viaggio erano ben altre, si parlava di emigrazione anche per i trasferimenti da una parte all’altra d’Italia.

Per l’andare in barsana per intenderci. Ci si andava a piedi, sull’asino, con passaggi di fortuna, su un carretto o nel cassono scoperto di un camion. Anche a vendere si andava a piedi, con la cesta, la gerla o un carretto. Si bussava alle porte, si gridava la propria mercanzia. Nella mia famiglia gira da anni l’aneddoto su zio Valentino (che poi si chiamava Pietro) che per attirare clienti un giorno si mise a gridare “Torrone di Cremona!!” anche se vendeva, come tutti gli altri, calzini e biancheria.

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(foto dal libro di Adriana Dadà)

Grazie ai barsan pontremolesi, che nella gerla portavano i libri, nasce il Premio Bancarella.

Quanto della nostra identità di lunigianesi è dovuto all’emigrazione dei nostri padri e dei nostri nonni?

Grazie a una ricerca condotta dagli amici di Ciao Lunigiana apprendo che, all’inizio del Novecento, fu proprio un immigrato lunigianese ad aprire la prima gastronomia italiana di Londra (l’articolo qui).

“The man from Lunigiana who founded Lond... Italian delicatessen | Ciao Lunigiana”

(foto da Ciao Lunigiana)

Ma l’emigrazione naturalmente era anche quella che portava verso lidi ben più lontani, facendo anche attraversare gli oceani.

Proprio in questi giorni scopro che un gruppo di giovani brasiliani e argentini sono approdati in Lunigiana sulle tracce dei loro nonni e bisnonni emigrati in Sudamerica (qui gli articoli de La Nazione e dell’Eco della Lunigiana).

“Da Argentina e Brasile per studiare tur...o Tosco Emiliano L'eco della Lunigiana”

(foto da l’Eco della Lunigiana)

Forse è proprio il richiamo del sangue degli avi emigranti, la memoria dei loro fortunosi viaggi verso l’ignoto, della loro fatica nell’affrontare le durezze di una vita che non regalava niente ad aver spinto alcuni giovani uomini e donne per le strade di Pontremoli in supporto dei nuovi migranti.

“Pontremoli, in duecento per lanciare un...nigiana Lunigiana - Citta della Spezia”

Perché la storia è storia, la storia è scritta, non si può cambiare, non cambia con le opinioni o le tifoserie politiche, e la storia dice che NOI siamo migranti figli di migranti, la migrazione è parte della nostra identità, tra NOI e LORO, tra migranti vecchi (noi) e nuovi (loro) quindi non c’è tutta questa differenza.

#Lunigiana #16

Di lui avevamo già parlato qui.

Con il progetto Lunigiana contadina, Cesare Salvadeo, per un decennio, ha immortalato uomini e donne delle campagne lunigianesi tramandandone la storia (per immagini).

I suoi libri sono un viaggio attraverso la Lunigiana da intraprendere almeno una volta nella vita (basta andare in biblioteca!).

Ora una selezione di quelle foto che ritraggono noi e la nostra storia e che hanno già percorso più volte le strade d’Italia, varcheranno addirittura i confini nazionali e continentali. Porteranno la Lunigiana, la sua storia e i suoi volti addirittura fino in Cina.

Perché la Lunigiana se lo merita.

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da http://www.cesaresalvadeo.it/lunigiana.html

La mostra #4

Terzo allestimento della mostra, Virgoletta, piazza della Chiesa, 6 settembre, ultima tappa della “Passeggiata del gusto” un pranzo a tappe (con specialità lunigianesi ovviamente) attraverso Villafranca, Malgrate, Mocrone e Filetto.

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Tappa a Malgrate

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Virgoletta, piazza della Chiesa

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Com’era, negli anni Trenta nella foto in esposizione, e com’è.

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La mostra e i passeggianti.